Pierpaolo Marino: da brocchi a campioni: la rivincita del direttore.

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26 aprile 2009. “Questa squadra è fortissima, l’ho sempre saputo”. Con queste parole l’allora d.g. del Napoli, Pierpaolo Marino, esordì ai microfoni nell’immediato post-partita di Napoli – Inter 1-0. Da tanti giorni non si sentiva una voce “ufficiale” commentare le prestazioni di una squadra decisamente in crisi. Donadoni sedeva sulla panchina azzurra da circa un mese e mezzo, ma i risultati continuavano a latitare: solo quattro pareggi e una sconfitta dopo l’avvicendamento con Eddy Reja. La vittoria arrivò nella gara più difficile: al San Paolo scendeva in campo l’Inter campione d’Italia di José Mourinho. Grande gara degli azzurri e vittoria per 1-0, con i soliti faccioni che magicamente ricomparsero dal nulla, impreziositi da sorrisi a 32 denti. “Questa squadra è fortissima, l’ho sempre saputo”. Ma da quel 26 aprile il Napoli dell’accoppiata Donadoni – Marino conquistò solo 11 punti in 12 partite di campionato, tra il finale della stagione 2008 – 2009 e le prime 7 giornate dell’attuale campionato. Senza contare che a quella squadra già definita “fortissima” dal suo creatore, si era nel frattempo aggiunta gente del calibro di Quagliarella, Cigarini, De Sanctis, Zuniga, Campagnaro, più la scommessa Hoffer. L’epilogo dell’impressionante quanto dolorosa crisi di risultati è ben noto ai tifosi partenopei come “rivoluzione De Laurentiis”: addio a Pierpaolo Marino e a Roberto Donadoni, benvenuto a Walter Mazzarri e Riccardo Bigon nel ruolo di d.s. . Rivoluzione ancora in atto, con l’organigramma societario che verrà completato con il nuovo d.g. annunciato per metà novembre. Ma con l’arrivo di Walter Mazzarri in panchina, quella stessa squadra tanto bastonata da critica e tifosi è stata in grado di collezionare ben 10 punti in 4 partite. E non quattro partite qualsiasi: il Napoli post – rivoluzione ha pareggiato a Fuorigrotta con il Milan, riuscendo a raddrizzare negli ultimi secondi una partita dominata sul piano del gioco e delle occasioni, ma che in realtà si era messa davvero molto male con gli azzurri sotto di 2 gol dopo appena sei minuti di gara, in grado però di riagguantare gagliardamente 2-2 nei minuti di recupero. Per non parlare delle vittorie contro  Fiorentina e Juventus in trasferta, dopo un digiuno lontano dal San Paolo che durava da poco più di un anno. Con la gara dell’Olimpico di Torino ancora una volta logorante per le coronarie dei tifosi partenopei: di nuovo una rimonta, ma questa volta da 2-0 addirittura al 2-3.

L’interrogativo dei tifosi azzurri, dopo i recenti risultati a dir poco entusiasmanti della squadra, capace di metter sotto tre quarti della flotta italiana impegnata in Champions League, non può non ricondurre alle parole dell’ex d.g.: “Questa squadra è fortissima, l’ho sempre saputo”. Probabilmente non era Marino l’artefice di quella catastrofe che è stato il Napoli fino a qualche settimana fa. O perlomeno non era il principale responsabile, che doveva esser  ricercato invece nella guida tecnica, come dimostra la riscossa seguita all’avvento di Walter Mazzarri. Certo, a pagare è stato anche Roberto Donadoni, ma addebitare a Pier Paolo Marino colpe non sue si è rivelata una scelta discutibile. In primis quella di imputare all’ex d.g. il fatto di aver costruito una squadra “di brocchi”; quella stessa squadra che fino a dicembre scorso aveva impressionato per gioco e risultati, riuscendo ad occupare a lungo una posizione tra i primi 4-5 posti della classifica e che ora si sta ripetendo. Il vortice di risultati negativi in cui è sprofondato il Napoli dell’ultimo Reja è stato un vero e proprio circolo vizioso. Serviva qualcuno competente non solo sul piano tattico, ma che fosse anche un gran motivatore, in grado di lavorare sulla testa dei giocatori. La scelta di Donadoni, tra le altre cose non condivisa da Marino che, col senno del poi, avrebbe fatto bene a rassegare le dimissioni vedendosi palesemente scavalcato dal presidente, si è rivelata assolutamente inadeguata e gli azzurri hanno continuato a collezionare risultati e prestazioni deludenti. Sebbene fosse stata fortemente rinforzata, la squadra evidenziava una preoccupante continuità col Napoli del girone di ritorno della passata stagione. Tra le colpe principali dell’ex ct della nazionale quella di non riuscire a sfruttare appieno il materiale umano, per niente scadente, messo a disposizione dalla società e da Marino. Mazzarri sta riuscendo proprio in questo: oltre che motivare i giocatori per far si che diano il massimo sempre e comunque, sta sfruttando al massimo ciò di cui dispone. Ne è la prova più eclatante la riscoperta di gente come Aronica, Maggio, Pazienza, Rinaudo e Grava, quasi inguardabili durante la breve era Donadoni, ma autori di prestazioni assolutamente positive in queste prime apparizioni sotto la guida dell’ ex tecnico blucerchiato.

La scelta di De Laurentiis di dare il ben servito a Pier Paolo Marino deve essere ricercata in altre direzioni: la scarsa attitudine alla comunicazione, la pretesa di gestire tutto da solo impedendo l’espansione dell’organigramma societario, i tanti (troppi) divieti che attanagliavano Castelvolturno. Al d.g. delle due promozioni e della ricomparsa in Europa possono essere imputate tante deficienze, molte delle quali legate a passaggi fondamentali affinchè una società di calcio possa crescere, e di conseguenza incompatibili con De Laurentiis. Ma non si può imputare al direttore di aver messo su una squadra non competitiva. Il tempo darà ragione a Mazzarri. Ed anche a Marino.

 

Vincenzo Mugione NAPOLICALCIO.NET

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