Il Napoli visto contro il Chievo è sembrata una squadra con poche idee e qualche incertezza di troppo, forse dovuta al continuo turnover adottato da Benitez.
Un altro passo indietro. Ed altri punti persi. Questo Napoli non riesce più a ritrovare se stesso, il suo gioco, i suoi goal. Tutto sommato contro il Chievo è andata pure bene, se si considera che solo un mezzo pallone sporco ciabattato da Albiol ha scacciato via i fantasmi della sconfitta.
Si, perchè tirare in ballo la sfortuna ed i legni di Mertens e Insigne equivale ad indossare i paraocchi e negare spudoratamente l’evidenza del campo. Che ci ha mostrato un Napoli sulle gambe, a corto di idee e con la solita, cronica incapacità di riuscire a sfondare contro avversari che non lasciano campo e spazi utili. Un difetto che risale alla notte dei tempi: cambiano allenatori, calciatori e moduli ma inspiegabilmente l’anomalia resta.
La prima sensazione che risalta agli occhi è quella di una squadra che non possiede la sicurezza di un gruppo che abbia un’ossatura definita: forse la tendenza di Benitez a non puntare su un assetto-base con determinati uomini che siano responsabilizzati ed attorno ai quali gravitino schemi ed atteggiamenti tattici non sta pagando come dovrebbe.
E’ comprensibile – anche per infortuni e squalifiche – che giochino tutti e che tutti si facciano trovare sempre pronti e siano in grado di mettere in pratica i movimenti che vuole il tecnico, ma forse è giunto il momento di puntare con decisione su chi, al momento, offre più garanzie legittimandone il ruolo da titolare: chi tra Britos e Fernandez (in mancanza di arrivi dal mercato) deve ufficialmente affiancare Albiol? E’ ancora il caso di affidare le chiavi del centrocampo a Inler, specie ora che c’è un ‘ottimo’ Jorginho?
E’ ormai il caso, forse, che Pandev e Insigne siano considerate solo valide alternative a soluzioni offensive da adottare a gara in corso e che dunque gli automatismi degli attaccanti con più qualità – Mertens, Callejon, Higuain – maturino senza soluzione di continuità?
Nel calcio la consapevolezza di essere titolari espone i calciatori ad assunzioni di responsabilità che vanno ad influire non poco sulle performance: quando non c’è chiarezza nelle gerarchie finisce quasi sempre che la colpa ricade sulle scelte dell’allenatore. Nel concetto di “gruppo” rientra anche questo aspetto: i titolari devono sapere di essere tali, con la conseguente pressione che ne deriva.
Non mancano poi i dubbi su equilibri squisitamente tattici: Hamsik dietro i tre d’attacco è un lusso che questa squadra può ancora sostenere, specie quando, come contro il Chievo, i due mediani si trovano in netta inferiorità numerica a centrocampo?
Il mercato offre ancora pochi giorni a disposizione ed il club, pur disponendo di liquidità, sembra possedere poco appeal nei confronti non solo di quei pochi nomi importanti offerti dal mercato di riparazione: nel giro di qualche settimana si è passati dai vari Skrtel, Agger, Mascherano ai semi sconosciuti Capoue, Ralf, Gonalons. Giocatori diversi, enorme divario tecnico, ma stesse difficoltà nel definirne gli accordi.
Colpa del tetto ingaggi, dei cavilli legali legati ai diritti di immagine, di una filosofia societaria che ormai non ha più bisogno di presentazioni. Eppure, i conti parlano di oltre 800 milioni di fatturato nell’intera gestione De Laurentiis, con oltre 50 milioni di utili non distribuiti. Che nel prossimo bilancio, contabilizzando la cessione di Cavani, potrebbero sfiorare i 100 milioni. Di denaro da spendere, dunque, ce ne sarebbe. E se non ora, quando?