KIEV – Dovevamo fare la storia e l’abbiamo fatta, questo è sicuro. Perché mai una finale di un campionato del mondo o d’Europa si era risolta con uno scarto tanto evidente tra i campioni e gli sconfitti, meno che mai con gli azzurri protagonisti. La Spagna affonda un’Italia cotta, sfiancata, irriconoscibile e conserva il titolo di Campione d’Europa, raggiungendo vette calcistiche mai toccate da una nazionale. Un dominio inesorabile che minuto dopo minuto ci ha cancellato dalla partita in maniera brutale, concretizzato in un severo, inclemente e impietoso 4-0 che non lascia spazio ad alcuna recriminazione. La Nazionale è arrivata a pezzi all’ultimo appuntamento, sulle gambe dal primo minuto, incapace di rispondere in alcun modo a una superiorità spagnola imbarazzante. Più che una finale, un capolinea azzurro stavolta incapace del miracolo.
ROSSI CONTRO BLU PER LA STORIA – Prandelli non deve inventarsi nulla: Abate piazzato a destra a rimpiazzare Balzaretti unica variante della semifinale con la Germania. Rispetto all’1-1 del girone con il 3-5-2 messo in piedi alla meno peggio dal ct, gli azzurri sembrano una corazzata. Del Bosque torna su suoi passi, nessun centravanti e schema alla crema catalana con Fabregas ‘finto nueve’, stessi undici dell’«andata». Difesa Juve (curiosità: Buffon e Chiellini sono imbattuti in stagione tra club e nazionale in partite ufficiali) contro tiki-taka Barcellona, sono le due squadre di club con più giocatori in campo. Italia, mai sconfitta nella gestione ufficiale di Prandelli, a inseguire il secondo titolo dopo il 1968 e la beffa di Euro 2000, Spagna per fare la storia del calcio: il triplete Europeo-Coppa del Mondo-Europeo non è mai riuscito a nessuna nazionale, come essere campioni del mondo e campioni d’Europa con club e nazionale non è mai riuscito a nessun allenatore. Fischia Proença, già arbitro della finale di Champions. E si parte, all’Olimpico di Kiev il biliardino rossi contro blu più importante di sempre.
SILVA-ALBA, AZZURRI SCIOCCATI – Un destraccio di Pirlo apre le danze, seguito al 6′ da una punizione di Sergio Ramos fuori bersaglio. E’ il difensore spagnolo il più attivo sia dietro, a disinnescare di testa un lancio di Cassano per Balotelli, che davanti con un colpo di testa su corner che termina alto. La Spagna comanda il gioco, scandita dagli olé del pubblico a ogni passaggio della Roja, e va al tiro prima con Iniesta e poi due volte con Xavi nel giro di un minuto: due conclusioni rimpallate, la terza è una stoccata che sibila a ridosso della traversa di Buffon. Il dominio iberico mette paura e si concretizza al 14′: Fabregas taglia in area asfaltando Chiellini, cross sulla testa di Silva che insacca e per la prima volta dall’inizio dell’Europeo l’Italia è in svantaggio. Per Cesc altro assist in una finale, dopo quello a Iniesta al Mondiale. Reazione azzurra immediata: Pirlo su punizione, barriera, poi Casillas e Sergio Ramos per due volte spazzano via dall’area tre corner pericolosi. Ma dietro balliamo e Chiellini deve uscire, non ha retto il muscolo al recupero record per la semifinale e si è visto anche sull’azione del gol: dentro Balzaretti dopo 21′. Dopo un giallo per Piqué per il tackle da dietro su Cassano. Casillas respinge un siluro di Balotelli mentre si va verso la mezz’ora, la zona Fantantonio: ma il tiro al 28′ del barese è facile preda del portiere, il secondo tentativo da lontano viene neutralizzato con i pugni. Eppure restiamo sulle gambe, senza dare l’idea di poter recuperare, e riusciamo anche a prendere un raddoppio spagnolo da scuola calcio: Jordi Alba ci infila senza pietà al 41′ chiudendo un triangolo con Xavi di 60 metri, senza che nessuno contrasti il terzino fresco di trasferimento al Barcellona. Chiudiamo con Barzagli che stende Iniesta e si prende l’ammonizione, frastornati dagli spagnoli che sorridono mentre rientrano negli spogliatoi sapendo di avere la vittoria in tasca.
MOTTA-MONTOLIVO, PORQUÉ? – Prandelli non cambia granché vista l’unica mossa decisa: togliere Cassano, il miglior azzurro, per inserire Di Natale. Proprio l’attaccante dell’Udinese di testa spreca un’ottima occasione dopo due minuti per riaprire il match. Poi Proença ci grazia per un braccio di Bonucci in piena area. Di Natale al 5′ si divora ancora il gol della speranza con un sinistro addosso a Casillas in uscita, sprecando anche il rimpallo con un pallonetto floscio per Balotelli disinnescato dal portiere. È questa la fine, quando avanza la Spagna ci terrorizza: Fabregas prova a segnare dribblando tutta la difesa azzurra, Jordi Alba è un motorino inarrestabile, il fraseggio spagnolo ci irride senza trovare il tris solo per troppa supponenza. E qui Prandelli, forse magnanimo, ci regala il colpo di grazia temerario come un curato manzoniano, sprecando l’ultima sostituzione con la sua fissazione peggiore: Thiago Motta trequartista a rilevare Montolivo. Neanche il tempo di rievocare il Porqué di mourinhiana memoria che alla prima palla toccata uno stiramento del neoentrato ci lascia in 10 per il teatrale finale di partita. «Finita, è finita, sta per finire, sta forse per finire», ineluttabile quanto doloroso. Perché il resto, mentre l’Italia perde pezzi a ogni contrasto, a ogni scatto, con i giocatori alla frutta, è Accademia Roja. È il divertimento del matador che gira intorno alla preda ormai moribonda, è delizia per palati calcistici, è colonna sonora della gioia rossa che invoca l’ultima stoccata senza pietà: Torres ci finisce e Mata infierisce, schiaffi impietosi sull’europeo azzurro arrivato sfiancato a un passo dal sogno.
di Vladimiro Cotugno