Conte è chiamato a decidere se schierare la sua Juventus con una difesa a tre o a quattro, Benitez confermerà il 4-2-3-1.
Il dilemma, nel tempo, è sempre stato: cambiare impostazione per adattarsi all’avversario è un segno di debolezza o una dimostrazione di intelligenza? Questo dilemma, domenica sera, lo avranno sia Conte che Benitez. Seppur per differenti ragioni.
Da una parte, la difesa a tre della Juve potrebbe andare in sofferenza davanti ad un Napoli che sulle fasce spinge forsennatamente. La retroguardia a tre, infatti, mal si sposa con un avversario che attacca con molti uomini e che tende ad allargare il gioco su tutto il fronte offensivo.
E in questo senso il 4-2-3-1 è forse il peggior modulo: tre difensori centrali rischiano di essere troppi per l’unica punta avversaria, ma pochi quando sono costretti a scalare sulle fasce per prendere l’esterno alto che scende. E sul trequartista, poi, chi esce? Uno dei tre centrali o si abbassa un centrocampista? Opzione difficile quest’ultima, visto che quel centrocampista dovrebbe essere Pirlo.
Questa confusione è stata letale, ad esempio, per la Juve annichilita da un Bayern impostato proprio con questa filosofia: Barzagli e Chiellini erano costretti ad uscire (e restare uno contro uno) con quelle pesti di Robben e Ribery, mentre in mezzo Mandzukic battagliava con Bonucci e Muller o Kroos erano liberi di vagare per il campo. Sarà stata anche quell’esperienza a indurre Conte a sconfessare il suo credo ed andare a Madrid con la difesa a 4?
Impostazione replicata anche nel ritorno di Torino, benché in quel caso anche il Real sì è schierato col 4-3-3 (mentre all’andata è sceso in campo proprio col 4-2-3-1). Con Caceres sulla destra, Asamoah (o Ogbonna a Madrid) sulla sinistra e Marchisio e Tevez, che in fase di non possesso palla vanno a comporre una linea di cinque a centrocampo, le fasce sono sotto controllo e si ovvia al problema dell’eventuale inferiorità numerica evidente, invece, in caso di 3-5-2.
Questo è il lato positivo, il lato negativo è che gli esterni alti (Marchisio e Tevez) si sfiancano a fare le due fasi e rischiano di arrivare poco lucidi in zona goal. Quando c’è da ripartire, poi, c’è tanto campo da fare per arrivare dall’altra parte. Un po’ la storia della coperta corta. Chi rischia di soffrire per l’inferiorità numerica a centrocampo, invece, potrebbe essere proprio il Napoli, che in mezzo – sulla carta – potrebbe ritrovarsi Inler e Behrami in balia di Pirlo, Pogba e Vidal. Sulla carta, appunto, perché è difficile che Benitez – esperto com’è – si suicidi.
“Andremo a Dortmund per vincere” ha dichiarato dopo la vittoria contro il Marsiglia e nonostante gli basti un pareggio. C’è da credergli, visto che anche a Londra contro un Arsenal lanciato non ha rinnegato il suo credo. Dunque, difficile che cambi domenica sera e attendiamoci il classico 4-2-3-1.
Magari, però, con qualche “ritocchino”: i due esterni alti (Mertens e Callejon, con tutta probabilità, perché più pronti di Insigne a rientrare) chiamati a fare la fase difensiva con attenzione e continuità e Hamsik che in fase di non possesso palla si appiccicherà a Pirlo come una sanguisuga. Inevitabile se non si vuole concedere alcun vantaggio (o sarebbe meglio dire un enorme vantaggio) all’avversario. La differenza, a questo punto, come spesso accade in gare di questo tipo, potrebbero farla gli episodi o – se volete – i particolari che, poi, a ben vedere, tanto particolari non sono: la coppia centrale partenopea , ad esempio, dovrà far meglio di quanto mostrato nelle ultime uscite, perché lasciare spazio a Llorente e Tevez di questo periodo potrebbe essere letale.
Ammesso che Conte schieri veramente Llorente: “Cosa lo metto a fare uno come lui con difensori alti e grossi? – ha detto qualche tempo fa il tecnico bianconero – A quel punto meglio mettere attaccanti rapidi che possano crear loro problemi”. Parlavamo di attenzione ai particolari no? Chissà che non tocchi a Quagliarella o Giovinco, dunque….