Quando Roberto Donadoni decise di subentrare a Reja, esonerato all’indomani della sconfitta interna degli azzurri contro la Lazio, sapeva che lo aspettava un compito difficile, cioè ricostruire il morale e la condizione fisica di una squadra allo sbando, ma non immaginava fino a questo punto. La prestazione contro il Cagliari, soprattutto nel primo tempo, è stata irritante e sconcertante, sulla lunghezza d’onda della squallida partita interna, finita 0-0 contro l’Atalanta. Non si capisce come una squadra che non vince da 13 partite (14 con quella di ieri) possa avere un avvio di partita così molle e poco determinato, permettendo al Cagliari di trovare subito il gol e continui poi a giocare quasi per onor di firma accettando passivamente una sconfitta che è la logica conseguenza di una prestazione abulica, timorosa e svogliata. Se il migliore in campo del Napoli è stato Bucci, portiere 40enne giunto per tamponare l’incredibile emergenza-portieri, allora c’è qualcosa che non va. Per Donadoni esiste una sola parola: lavoro, lavoro, lavoro. L’attuale finale di campionato è diventato una vera agonia, e i tifosi aspettano la fine del torneo con la speranza che il Napoli del prossimo anno si riscatti trasformando le attuali sofferenze e sconfitte in gioie e successi. Paradossalmente per gli azzurri sarebbe stato meglio essere invischiati nella lotta per la salvezza, almeno così ci sarebbe stato un obiettivo e magari in campo si sarebbe vista quella combattività e quell’agonismo del Napoli dell’andata. Proprio con queste armi, che una volta appartenevano agli azzurri, l’undici di Allegri ha fatto meritatamente sua la partita. Finalino su Marchetti: l’estremo difensore rossoblù ha ancora una volta mostrato il suo valore, salvando il risultato con interventi prodigiosi, quindi Marino farebbe bene a tenere presente il suo nome per la costruzione del Napoli del nuovo quinquennio, cioè quello che dovrà riconquistare l’Europa.
Francesco Ferrara NAPOLICALCIO.NET