Nel momento storico più nero dell’era De Laurentiis una sola persona sembra si stia assumendo le proprie responsabilità, l’allenatore Edy Reja. A causa del silenzio stampa imposto ai giocatori, il friulano è l’unico a comparire davanti alle telecamere e a spiegare le prestazioni sempre più sconcertanti della sua squadra. Con tutta probabilità il ciclo Reja è terminato, ma non gli si può negare la professionalità, la serietà e un forte attaccamento alla società. E’ vero, anche lui ha commesso errori palesi, non c’è dubbio: certe scelte tattiche e limiti tecnici sono evidenti. In fondo Reja, pur vantando tanti anni di carriera, si è affacciato ai piani alti della serie A solo ultimamente con il Napoli e prima di quest’anno, col le sue squadre non aveva mai visto l’Europa. Ma l’errore più grave di Reja sta ancora più a monte, e cioè essere un allenatore eccessivamente “aziendalista”. Reja non ha mai chiesto questo o quel giocatore, ma è andato sempre avanti con la rosa fatta e scelta dal DG Pierpaolo Marino, un esempio lampante è l’arrivo di Datolo. Questo, ovviamente insieme ai risultati ottenuti, è uno dei motivi per cui è rimasto alla guida del Napoli per tanto tempo.
Nonostante tutto sono i giocatori che vanno in campo e Reja non può fare né lo psicologo né il mediatore di una squadra che sembra spaccata tra “italiani” e “stranieri”. Così come sembra imbarazzante il silenzio di De Laurentiis, che in fondo è un grande produttore e un grande uomo di marketing, ma di calcio ne ha masticato relativamente poco da non sapere nemmeno lui cosa fare in queste situazioni: l’orizzonte appare sempre più buio.
Francesco Ferrara NAPOLICALCIO.NET